Soft skill: DETERMINAZIONE un esempio

Per spiegare cosa intendo per DETERMINAZIONE come soft skill, ti racconto una storia vera. La sto sperimentando nel corso della mia attività come Operatore del Mercato del Lavoro, occupandomi del Progetto GOL, che aiuta le persone disoccupate a cercare e trovare un lavoro. Questa è la storia professionale di una delle persone che ho incontrato.

Maria è una giovane donna che, dopo dieci anni di lavoro come segretaria, vuole cambiare. Ha lavorato in una azienda che si occupa di trasporti e logistica, non troppo grande, ma solida con un mercato locale abbastanza importante, con prospettive di crescita buone. 

Maria si occupa di gestire gli autisti, programmare i percorsi, le fermate, i carichi. È apprezzata per il lavoro che fa.

La sua passione oltre il lavoro è fare la pasticcera. Le piace molto fare i dolci, ha frequentato alcuni corsi per imparare e migliorarsi; durante la pandemia, poi, si è trasferita sul web e ha continuato a studiare per perfezionare le sue capacità.

Ad un certo punto la sua passione diventa sempre più forte e la sua voglia di continuare a stare in ufficio diminuisce. Così decide, dopo averne parlato con il suo compagno e con alcuni conoscenti, di prendersi un periodo per pensare a cosa fare. 

Chiede di essere licenziata e si mette alla prova. 

Entra nel percorso GOL e porta la sua determinazione, ma anche la sua paura: ce la farò?

Il cambiamento non è cosa facile, in Italia, se sei una segretaria farai sempre la segretaria. La tua storia, riassunta dal tuo curriculum, non mente.

Cambiare non è contemplato da noi. Ma lei ci crede, consapevole che il suo non sarà un percorso semplice. Intanto apre un canale su Instagram e pubblica foto e video delle sue torte, dei pasticcini e dei macarons, raccoglie pochi, ma buoni followers. 

“Il mio progetto non è di vendere torte on line, anche se qualcuno me lo ha chiesto”.

I macarons di Maria

Infatti i primi due obiettivi di Maria sono farsi conoscere e collaborare con un laboratorio di pasticceria, consapevole che non lo ha mai fatto prima e che stare in pasticceria non è come stare nella cucina di casa. 

Come fare? Parte compilando un elenco di tutte le pasticcerie della zona e programma di andare a visitarle, portando le foto di quello che ha fatto, chiedere un appuntamento e proporsi. 

“Sono disposta a collaborare anche gratuitamente pur di imparare e farmi conoscere”. 

Nel frattempo che fare del suo cv, che parla di un bel diploma di ragioneria, di conoscenza della contabilità, dell’esperienza nella logistica? Non possiamo certo cancellarlo e inventarne uno nuovo!

Dall’agenzia, intanto, arriva una proposta davvero interessante: una azienda ha visto il suo cv: la proposta è di entrare e occuparsi di… logistica

Sono in crescita, avrebbero davvero bisogno di una figura come la sua, con una buona esperienza di base; a loro piacerebbe fare un percorso anche lungo insieme. 

Insomma, ci sono ottime prospettiva di sviluppo professionale per Maria. 

La guardo e il suo viso è piuttosto trasparente: bella proposta, ma non voglio tornare da dove sono venuta, voglio provare a cambiare, sono qui per cambiare. 

Passa solo qualche ora e arriva una seconda proposta, meno interessante, ma più vicina a quello che sta cercando: un laboratorio artigianale di pasta cerca lavoratrici con una certa manualità per produrre i tortellini tipici della zona. 

Questa proposta è certamente più vicina ai suoi obiettivi, anche se non abbastanza.

Torno a guardarla negli occhi e capisco subito: grazie, ma non fa per me. 

Si sente un poco in colpa a rifiutare due proposte comunque interessanti. “Un sacco di gente cerca un buon lavoro chi sono io per rifiutare?”

“Ho preparato questo momento e, se non ce la facessi, potrei tornare a fare il lavoro che facevo prima. Mi prendo qualche mese e ci provo”. 

Mettiamo a punto un programma, le cose da fare, gli obiettivi da raggiungere, i tempi che prevediamo i KPI del suo progetto per diventare una pasticcera. 

Cominciamo.

Questa la chiamo determinazione: la volontà di arrivare a realizzare un progetto, il non farsi deviare e puntare all’obiettivo. 

Penso proprio che tra qualche tempo la vedremo dentro un laboratorio di pasticceria felice come una Pasqua, anzi come un uovo di pasqua. 

determinazione: la volontà di arrivare a realizzare un progetto, il non farsi deviare e puntare all’obiettivo.

DUE O TRE COSE SUL LAVORO

SCRIVO alcune cose che potrebbero essere utili per conoscermi un po’. A dire il vero si capisce che si tratta di cose di qualche mese fa: il Reddito di Cittadinanza è morto anche se non ancora sepolto, ma ha davvero poco da dire, piaccia o non piaccia. Per il resto le cose sono rimaste come erano; aggiungerei solo che, in questi mesi, ho visto che tra i più strenui nemici del RdC ci sono proprio le persone che avevano un RdC.

Che strano, vero? Lo è anche per me, ma hanno votato un governo che aveva detto che avrebbe eliminato il RdC, queste persone sono d’accordo perché “non se ne può più di vedere giovani che stanno sul divano a prendere soldi”.

Trovano solo strano il fatto che lo abbiano tolto anche a loro.

Comunque: mi sono occupato di formazione del personale per gran parte della mia vita professionale e vorrei continuare a farlo; per me la formazione serve o serviva a far capire alle persone dove stanno, cosa stanno facendo, perché lo stanno facendo. In poche parole serve a far capire il senso delle cose che si fanno; specie al lavoro. 

Tutto il resto, assolutamente rispettabile, è insegnare, istruire, spiegare cosa si deve fare. Nella mia vita mi sono occupato anche di questo, anche se mi interessava meno, perché sono un libero professionista o free lance e, quando capita, si fanno anche cose che piacciono meno. 

Ho lavorato con piacere e divertimento in tutta Italia, una volta anche all’estero: San Marino!, quindi posso dire di essere internazionale.

Da alcuni anni mi interesso e lavoro nel campo del supporto alle persone che cercano lavoro. Qui ho incontrato e incontro situazioni davvero interessanti e particolari. Posso dire che le cose non sono quasi mai come le si legge sui giornali o si vedono nei tiggì. 

Le persone, di solito, hanno il piacere di lavorare, ma vogliono essere pagate, e pagate bene. 

Poi vogliono essere prese in considerazione, ascoltate, valorizzate per il poco o tanto che sanno fare. Quindi la barzelletta dei giovanichepreferisconostaresuldivano piuttosto che lavorare, oltre a non far ridere non è vera. Si tratta di persone che non sono poi così giovani, vorrebbero lavorare, ma nessuno li assume: o perché sono troppo vecchi, o perché devono imparare o perché devono occuparsi di figli, mariti, mogli, genitori che diversamente non avrebbero nessuno. Quindi sono disponibili, ma ad orari che non si conciliano con le richieste delle aziende. 

Ah le aziende! A veder le offerte che pubblicano si direbbe che non sanno esattamente cosa stanno cercando: di solito un giovane, con anni di esperienza, che sappia già cosa fare in quel contesto e che si accontenti di uno stipendio da stagista, meglio se in nero.

Poi vogliono che abiti dentro la stessa azienda, dovesse mai capitare che arrivino in ritardo o debbano tornare a casa loro. 

C’è una speranza alla fine? Si.

Più che una speranza è una certezza: se sei determinato il tuo lavoro lo trovi. 

Se hai una professionalità sei ancora più fortunato: qualcuno che apprezza quello che sai fare lo troverai. 

Ma la caratteristica davvero vincente è quella che ho detto: determinazione. Che fa rima con rompiscatole, che non molla mai, che cerca continuamente e che non si fa troppo demotivare dai NO che riceve. 

Infine ho capito che se le persone, tutte, non cambiano la vecchia mentalità per qualcosa di nuovo, se si continua a pensare che studiare sia tempo perso e che “si è sempre fatto così, perché cambiare?”, non si andrà da nessuna parte, anzi si va verso la parte dei perdenti; quelli che la Storia schiva e pensando che qualcuno ce l’aveva con noi o che siamo stati sfortunati. 

DIAMO UN FUTURO AI GIOVANI?

E magari anche un presente ai loro genitori, che non sono proprio giovani.

Si parla del fatto che qualcuno (Governo, Politica, Sindacato, Società) dovrebbe dare un futuro ai giovani.

Bello; specie quando non fai più parte di quel gruppo.

Peccato però che non si riesca nemmeno a dare un presente a chi il lavoro lo cerca, a chi vorrebbe cambiarlo, a chi, infine, il lavoro non lo ha (più) e non riesce a trovarlo.

Ma le opportunità ci sono e sono molte; basta fare un giro per il centro e vedere quanti bar, ristoranti, negozi di qualsivoglia merce cerchino lavoratori. Certo devono essere giovani, molto giovani, ma anche esperti, molto esperti e devono amare QUEL lavoro, dove non ci sono orari, non ci sono riposi, spesso non ci sono nemmeno i soldi per essere pagati.

E gli altri? Quelli che non sono giovani, esperti, disinteressati agli orari e allo stipendio? Beh, venti ore a settimana le trovi.

Post scritto tanto per scrivere qualcosa, così che l’algoritmo algido si accorga che sono ancora vivo.

Video

A volte ritorno / Vale ancora la pena parlare di lavoro?

A che punto siamo con il lavoro in questa Italia che ha superato la crisi della pandemia e che sta ancora vivendo una guerra a pochi chilometri di distanza? Cosa significano questi avvenimenti rispetto al lavoro e alla ricerca di lavoro?

Qualcosa, per dirlo tra virgolette, è cambiato. Il mondo del lavoro e, di conseguenza, la stessa ricerca di lavoro sono completamente cambiati in pochi anni. La tendenza era già cominciata, ma ora è al suo massimo. I criteri tradizionali di ricerca sono cambiati, per i lavoratori, certo, ma anche per i datori di lavoro, che non sempre capiscono e si adeguano al mondo nuovo.

Infatti, qualche anno fa, superare una certa soglia di età voleva dire non aver più niente da apportare all’azienda, e rimanere in sostanziale attesa di pensione. Con l’allungamento dell’età lavorativa – fino a 67 – un cinquantenne ha ancora molto da dare.

In questa intervista che ho rilasciato a Tele Pace spiego perché.

Dopo qualche anno di assenza torno a parlare di lavoro.

La mia intervista a Tele Pace

Quali parole per quali competenze?


Si, certo; la comunicazione è – assieme al lavoro di gruppo – la capacità che ogni offerta di lavoro, degna di questo nome non dimentica di chiedere e che bisogna a tutti i costi avere (come dire: sono cool, sono moderno). Continua a leggere

NON C’È NIENTE DI BELLO NELL’ESSERE DISOCCUPATI

Tutti i manuali di ricerca lavoro insistono su due o tre elementi: bisogna essere positivi, bisogna crederci e non mollare mai.

Ma come fai ad essere positivo quando perdi il lavoro che per te era importante, che ti assicurava tranquillità economica, che ti dava uno status sociale? Non avresti mai pensato di essere disoccupato, vero?

Vorresti riavere subito il tuo vecchio lavoro o, almeno, uno simile. E invece no. Pensi di avere poco tempo, visto che le scadenze sono diventate più pesanti, i mutui corrono, le rate digrignano i denti. E quando ti dicono di non aver fretta, vorresti urlare la tua rabbia.

Non ti importa di fare corsi, di rivedere il cv, di analizzare le tue competenze. Sono tutte cose che conosci già e che non ti servono. Quello che ti serve è un maledetto lavoro. 

Subito. 

Non puoi permetterti di perdere tempo. E, quando ti sei calmato un poco, cominci a spedire il tuo vecchio cv e provi a parlarne con qualche amico: chissà mai che non ti proponga qualcosa. Ma, con il tempo, vedi che le cose non funzionano come pensavi; da un lato proposte ignobili per il tuo livello, dall’altro nessuno che ti risponda. Così, magari, ti trovi ad aver spedito decine e decine di cv senza avere un riscontro. E capisci di far parte di un nuovo gruppo: quelli che non lavorano, i disoccupati, quelli che hanno bisogno di un sussidio, un aiuto. 

Ma ti dicono che devi essere positivo.

Sono tempi difficili per trovare lavoro; ah! C’è stato un momento in cui era facile? Credo che tutti noi abbiamo sempre sentito dire che siamo in crisi, che è un brutto momento di passaggio, che le cose sono più difficili di un tempo. 

Da quando comincio a capire le cose ho sempre sentito parlare di momenti di crisi e epoca di passaggio. Certo, questo passaggio si è fatto un po’ lungo…

Ho capito una cosa: crisi c’è quando tu hai difficoltà. Ma se provi a vedere il mondo da un punto di vista diverso le difficoltà possono diventare opportunità. Per te. 

Ricordi il periodo COVID? Quanto tempo siamo rimasti chiusi in casa, impossibilitati ad uscire se non per necessità. Passavamo il tempo a… non fare niente. Inizialmente magari era una esperienza diversa, nuova, magari anche divertente per alcuni, ma poi? Poi ci siamo inventati tutte le scuse possibili per uscire: devo fare la spesa, devo fare jogging, devo andare in farmacia, voglio andare al lavoro!

Sei entrato in una categoria di persone che, forse, non ti aspettavi e che non fa certo piacere.

In realtà tu sei già qualcosa di diverso da un disoccupato. Avevi e hai ancora una vita al di fuori del lavoro; degli interessi, delle passioni, persone che ti stimano e che ti vogliono bene. Non hai perso nulla di tutto questo. 

Hai solo perso il lavoro. 

Momentaneamente.

Fare qualcosa per trovare un nuovo lavoro sarà la tua medicina. 

É arrivato il momento di raccogliere le tue forze mentali e darti da fare. Dovrai fare cose, pensare e decidere. 

Quindi taglia quello che non serve, quello che ti fa stare male adesso, per poterti concentrare sulle cose nuove che dovrai fare. 

Se ti dai un obiettivo e trovi gli strumenti per raggiungerlo, riesci a orientare la tua forza mentale e a stare meglio. Oltretutto, alla fine troverai il lavoro che cercavi. 

Per esempio, comincia a pensare a quello che ti piacerebbe fare: vuoi continuare a fare il lavoro di prima, ma in condizioni diverse? Vorresti cambiare completamente settore? Ti piacerebbe riprendere in mano una tua vecchia capacità? 

Usa la tua fantasia e la tua creatività. Potresti pensare che non servano, che non porteranno a risultati concreti subito. 

Ma ti aiutano a trovare nuovi obiettivi. 

Vuoi continuare a fare il lavoro di prima? Allora forse ti sarebbe utile seguire un corso di addestramento o di formazione per imparare cose nuove del tuo vecchio lavoro. 

E non dire che sai già tutto. 

Il mondo del lavoro cambia quasi di minuto in minuto e, forse, finché lavoravi non ti rendevi conto che quello che facevi era già superato: magari è proprio per questo che ti trovi in questa condizione. 

Se vuoi tornare nel tuo precedente ambiente professionale, fallo con nuove competenze e idee, se vuoi cambiare acquisisci altre capacità, che siano maggiormente adatte alla nuova occupazione che hai in mente. 

E poi, dove ti piacerebbe lavorare, davvero? Quella tale azienda ti piacerebbe? 

E poi: quale mansione potresti svolgere là dentro? Quale valore potresti portare? La tua esperienza potrebbe essere interessante? Potresti in qualche modo fare la differenza? 

Spiega! E se ti serve una mano… chiamami. Il mio compito è aiutare le persone che si sentono in difficoltà nella ricerca di lavoro.

Bella sfida, vero?

LAVORATORI ANZIANI E TELEFONI CELLULARI

Le cose non esistono di per sé; diventano come le chiami. A seconda di come definisco un oggetto, quello stesso oggetto avrà le caratteristiche che io gli attribuisco, mi aspetterò che si comporti in un certo modo e sarò contento quando la risposta corrisponderà alle mie aspettative.

Perché spendere 1000 euro o più per un telefono cellulare?

È la stessa domanda che rischia di essere sbagliata: cosa mi aspetto da questo oggetto che chiamo telefono?

Un moderno smartphone, di livello medio basso, è più vicino a un computer tascabile, con funzionalità strabilianti come fare fotografie o filmati, fare editing, cioè migliorare le stesse foto e filmati, aggiungere o togliere musica, spedirle dove vuoi tu, spesso fare di più e più velocemente di un computer tradizionale; con, ad esempio, la possibilità di navigare per comprare un biglietto del treno o fare pagamenti senza carta di credito, riconoscere brani musicali sentiti per strada, ascoltare brani musicali o guardare film, eccetera eccetera eccetera.

Lo sapevi che i processori che fanno funzionare un medio smartphone attuale hanno capacità di elaborazione dati e velocità superiori a quelle che hanno i computer che equipaggiano la sonda spaziale partita negli anni 70 e arrivata a superare i confini del sistema solare?

Dimenticavo: oltre a tutte queste cose lo smartphone di cui sopra ti permette di fare ANCHE telefonate. 

MA se tu lo chiami solo telefono, lo identificherai come un telefono, sia pure portatile, intelligente, migliore di quello che, a casa, spesso è collegato ad un filo. Quindi, effettivamente, che senso ha pagarlo così tanto?

Nessuno.

Lo stesso vale per tante altre cose: tipo un lavoratore o una lavoratrice. 

Se dici: perché dovrei assumere un lavoratore anziano, prossimo alla pensione? Così stai identificando un determinato lavoratore/trice come un soggetto, appunto, anziano, vetusto, sorpassato, che andrà in pensione tra poco tempo, che non può reggere il confronto con un lavoratore giovane, pieno di forza ed entusiasmo e voglia di fare e di imparare. I vecchi per definizione non sono pieni di forza, non hanno entusiasmo e non hanno nessuna voglia di imparare. Anche perché sono vicini a quell’età in cui non si lavora più, ma si va ai giardinetti oppure si accudiscono i nipoti. Se è (se fosse!) davvero così chi te lo fa fare ad assumere un lavoratore vecchio che, tra l’altro costa di più?

Provo a cambiare la prospettiva e gli dò un nome diverso, per esempio lo definisco come “lavoratore esperto”, le cose cambiano.

Quel lavoratore, quella lavoratrice, proverò a definirli diversamente.

Magari provo a definirlo come una persona che ha molta esperienza tecnica di una o più attività diverse, lavoratore che ha sperimentato molte e diverse situazioni, clienti diversi, lavori diversi, colleghi diversi e così via. Una persona/lavoratore che, a causa delle esperienze è più pronto ad adattare il suo comportamento alle diverse situazioni, ha sviluppato competenze soft come l’abilità negoziale, ha voglia di condividere la sua competenza con persone più giovani, è più accomodante.

In questo caso la realtà di fronte a te semplicemente cambia.

signora matura guarda uno smartphone con una giovane
Lavoratrice esperta e smartphone. Photo by Andrea Piacquadio on Pexels.com

RIDURRE LA SETTIMANA LAVORATIVA. IN ITALIA

SI dice che sia possibile ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni senza ridurre la retribuzione. In Italia

Occorrerebbe un salto di qualità nella organizzazione del lavoro, ma anche un grande cambiamento di cultura del lavoro.

Ecco i motivi per i quali non si può fare in Italia. Magari nelle grandi aziende per un discorso di marketing.

Non riusciamo a introdurre il lavoro a distanza (perché questo è lo smart working) perché i datori di lavoro hanno paura di non controllare abbastanza i dipendenti. E vogliamo parlare di ridurre le ore lavorate?

Ma dai…

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IL LAVORO DEL FUTURO (È FINITO)

Cattiverie sul lavoro

Dice: fai un lavoro che ti piace e non lavorerai un solo giorno. Bello slogan, ci credi?

Non farti condizionare, nemmeno un po’, dalla passione o dalle tue attitudini nella ricerca e nella pratica di un lavoro.

Perciò trovati un lavoro che RENDA, cioè ti paghi bene o meglio,

e che DURI, cioè che abbia una durata tale da permetterti di fare famiglia, comprare casa eccetera,

e se il lavoro NON TI PIACE, allora sei sulla strada giusta: è il lavoro per te.

Non credere all’ideologia del CAMBIAMENTO; è una grandissima fregatura per farti andar via spontaneamente da un ambiente di lavoro, mentre quelli veramente furbi non si spostano; anzi, loro fanno carriera e tu sarai sempre un giovane (o anche una giovane, certo, ma per te sarà ancora più difficile) pieno di interessi, ma vuoto di soldi e sicurezze.

Questo dice il Motivatore Demotivato, dopo aver visitato tutti i luoghi del mondo.

Photo by Jou00e3o Jesus on Pexels.com
Citazione

LE RISORSE PER CAMBIARE LAVORO — Le idee di Roberta Zantedeschi

Oggi, chi decide di cambiare lavoro, ha a disposizione innumerevoli risorse per prepararsi e non agire a caso. Che non sarà facile ugualmente ma partire attrezzati è utile. E lo è anche mettersi in moto.

via LE RISORSE PER CAMBIARE LAVORO —

CERCARE LAVORO E’ RACCONTARE UNA STORIA


Cercare lavoro è raccontare una storia; la propria storia che ognuno di noi identifica raccontandola dentro di sé, nel momento in cui cerca di capire chi è, cosa vuole, quanto intende investire per arrivare al risultato. 

Quanto siamo capaci di raccontare una storia coinvolgente, che valga la pena di essere ascoltata, che sia significativa e vera?

Nella ricerca del lavoro è importante comunicare chi siamo, far capire cosa sappiamo fare, illustrare quale esperienza abbiamo acquisito, evidenziare come potremmo aiutare il datore di lavoro a risolvere i suoi problemi. E’ questo che davvero facciamo? 

Cercare lavoro è difficile, noioso, frustrante. 

Così, spesso, ci accontentiamo di dire che siamo genericamente capaci, normalmente laureati, banalmente leader o semplicemente comunicativi.

Ma come raccontare la nostra storia attraverso lo schema di un curriculum? Cosa legge il mio interlocutore, cosa percepisce da quello che affermo? Io sono quel che trasmetto? 

Quanto il mio lettore si fida e si ritrova in quello che dico?

Spesso, i cv sono un elenco di scuole frequentate, di ruoli ricoperti, di aziende visitate. Croci infinite su campo bianco.

Definirsi significa avere una precisa immagine di sé ed essere in grado di trasmetterla agli altri.

La comunicazione è un elemento costitutivo della persona; infatti il modo e il senso della comunicazione definiscono la persona, non sono “qualcos’altro”.

Per il lavoratore la comunicazione contribuisce a definire sé stesso; capace, perché sa raccontarsi, sa sviluppare e governare le reti di relazioni attorno sé. 

Farsi ri-conoscere, far conoscere le proprie capacità e risorse, la propria integrità e coerenza di persona e di lavoratore e le proprie capacità: questo è il primo passo di una efficace ricerca di lavoro.

E quanto sei capace di raccontarti ai tuoi interlocutori?

Ti ricordi quando a scuola pensavi di conoscere la materia, ma poi, quando si trattava di argomentarla non ne eri capace? L’impressione di aver compreso un argomento, ma di non essere in grado di spiegarlo, non è essa stessa incomprensione? Se non riesco a spiegarlo significa che non ho capito.

Non aver ben compreso sé stessi significa, sostanzialmente, non essere in grado di raccontarsi e di motivare gli altri a prenderci in considerazione.

Cercare un lavoro significa identificare la storia che abbiamo dentro noi stessi, dotarla di un senso, cercare un pubblico interessato ad ascoltarla, a considerarla e apprezzarla per il suo valore.

Raccontare una storia significa aver qualcosa da dire e saper coinvolgere emotivamente, cioè interessare l’altro che vorrà approfondire.

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