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DIAMO UN FUTURO AI GIOVANI?

E magari anche un presente ai loro genitori, che non sono proprio giovani.

Si parla del fatto che qualcuno (Governo, Politica, Sindacato, Società) dovrebbe dare un futuro ai giovani.

Bello; specie quando non fai più parte di quel gruppo.

Peccato però che non si riesca nemmeno a dare un presente a chi il lavoro lo cerca, a chi vorrebbe cambiarlo, a chi, infine, il lavoro non lo ha (più) e non riesce a trovarlo.

Ma le opportunità ci sono e sono molte; basta fare un giro per il centro e vedere quanti bar, ristoranti, negozi di qualsivoglia merce cerchino lavoratori. Certo devono essere giovani, molto giovani, ma anche esperti, molto esperti e devono amare QUEL lavoro, dove non ci sono orari, non ci sono riposi, spesso non ci sono nemmeno i soldi per essere pagati.

E gli altri? Quelli che non sono giovani, esperti, disinteressati agli orari e allo stipendio? Beh, venti ore a settimana le trovi.

Post scritto tanto per scrivere qualcosa, così che l’algoritmo algido si accorga che sono ancora vivo.

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A volte ritorno / Vale ancora la pena parlare di lavoro?

A che punto siamo con il lavoro in questa Italia che ha superato la crisi della pandemia e che sta ancora vivendo una guerra a pochi chilometri di distanza? Cosa significano questi avvenimenti rispetto al lavoro e alla ricerca di lavoro?

Qualcosa, per dirlo tra virgolette, è cambiato. Il mondo del lavoro e, di conseguenza, la stessa ricerca di lavoro sono completamente cambiati in pochi anni. La tendenza era già cominciata, ma ora è al suo massimo. I criteri tradizionali di ricerca sono cambiati, per i lavoratori, certo, ma anche per i datori di lavoro, che non sempre capiscono e si adeguano al mondo nuovo.

Infatti, qualche anno fa, superare una certa soglia di età voleva dire non aver più niente da apportare all’azienda, e rimanere in sostanziale attesa di pensione. Con l’allungamento dell’età lavorativa – fino a 67 – un cinquantenne ha ancora molto da dare.

In questa intervista che ho rilasciato a Tele Pace spiego perché.

Dopo qualche anno di assenza torno a parlare di lavoro.

La mia intervista a Tele Pace

CERCARE LAVORO E’ RACCONTARE UNA STORIA


Cercare lavoro è raccontare una storia; la propria storia che ognuno di noi identifica raccontandola dentro di sé, nel momento in cui cerca di capire chi è, cosa vuole, quanto intende investire per arrivare al risultato. 

Quanto siamo capaci di raccontare una storia coinvolgente, che valga la pena di essere ascoltata, che sia significativa e vera?

Nella ricerca del lavoro è importante comunicare chi siamo, far capire cosa sappiamo fare, illustrare quale esperienza abbiamo acquisito, evidenziare come potremmo aiutare il datore di lavoro a risolvere i suoi problemi. E’ questo che davvero facciamo? 

Cercare lavoro è difficile, noioso, frustrante. 

Così, spesso, ci accontentiamo di dire che siamo genericamente capaci, normalmente laureati, banalmente leader o semplicemente comunicativi.

Ma come raccontare la nostra storia attraverso lo schema di un curriculum? Cosa legge il mio interlocutore, cosa percepisce da quello che affermo? Io sono quel che trasmetto? 

Quanto il mio lettore si fida e si ritrova in quello che dico?

Spesso, i cv sono un elenco di scuole frequentate, di ruoli ricoperti, di aziende visitate. Croci infinite su campo bianco.

Definirsi significa avere una precisa immagine di sé ed essere in grado di trasmetterla agli altri.

La comunicazione è un elemento costitutivo della persona; infatti il modo e il senso della comunicazione definiscono la persona, non sono “qualcos’altro”.

Per il lavoratore la comunicazione contribuisce a definire sé stesso; capace, perché sa raccontarsi, sa sviluppare e governare le reti di relazioni attorno sé. 

Farsi ri-conoscere, far conoscere le proprie capacità e risorse, la propria integrità e coerenza di persona e di lavoratore e le proprie capacità: questo è il primo passo di una efficace ricerca di lavoro.

E quanto sei capace di raccontarti ai tuoi interlocutori?

Ti ricordi quando a scuola pensavi di conoscere la materia, ma poi, quando si trattava di argomentarla non ne eri capace? L’impressione di aver compreso un argomento, ma di non essere in grado di spiegarlo, non è essa stessa incomprensione? Se non riesco a spiegarlo significa che non ho capito.

Non aver ben compreso sé stessi significa, sostanzialmente, non essere in grado di raccontarsi e di motivare gli altri a prenderci in considerazione.

Cercare un lavoro significa identificare la storia che abbiamo dentro noi stessi, dotarla di un senso, cercare un pubblico interessato ad ascoltarla, a considerarla e apprezzarla per il suo valore.

Raccontare una storia significa aver qualcosa da dire e saper coinvolgere emotivamente, cioè interessare l’altro che vorrà approfondire.

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Benedetta Rinaldi: una di noi

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Benedetta Rinaldi è la conduttrice di Uno Mattina della RAI, in coppia con Franco di Mare.

O meglio era la conduttrice, perché la RAI non le ha rinnovato il contratto. Cose che càpitano, non c’era nessun obbligo di continuare il rapporto; semplicemente la direzione non ha ritenuto di non andare avanti con lei.

Certo, non è la stessa cosa di un mancato rinnovo del lavoro di un magazziniere o di un’impiegata o di un social manager; diverso anche da uno stage che non vuole diventare un lavoro vero.

O no?

I livelli sono certamente diversi, ma i comportamenti e le reazioni delle persone di fronte alla perdita sono uguali…

Un mancato rinnovo, inaspettato e improvviso, lo stupore, la rabbia e il dispiacere: a quante persone è capitato o capiterà?

Non me l’aspettavo – nessuno mi ha detto nulla – avrei dovuto capirlo – l’ho saputo indirettamente – mi hanno tenuto all’oscuro fino all’ultimo.

La sensazione di essere stati presi in giro, di essere stati usati, che un lavoratore o un altro siano la stessa cosa per l’azienda: le reazioni sono uguali, per una conduttrice famosa e per uno stagista.

Già, perché il lavoro NON è solo uno stipendio.

È la possibilità di progettare la propria vita, è avere la stima di noi stessi e le stima delle persone che ci circondano: familiari, amici, colleghi. Il lavoro è la propria realizzazione, è per questo che le persone si deprimono (ci restano male) quando lo perdono.

La vicenda di Benedetta Rinaldi è una lezione per tutti,  perché ci fa capire che abbiamo le stesse reazioni di fronte alla perdita del lavoro.

E quindi?

Tutti abbiamo dentro noi stessi le risorse per superare le difficoltà e trasformarle in opportunità. Dopo un naturale momento di tristezza o rabbia, dobbiamo prendere in mano la situazione e volgerla a nostro favore; lo dobbiamo a noi stessi. Fosse facile! la negatività inizialmente è più forte della positività, il dolore e la disillusione sembrano essere più forti di tutto il resto.

Però, questo è il momento per capire quali siano le nostre competenze, le nostre motivazioni, le cose che ci piace fare. Possiamo decidere se stare tra quelli che non ce la fanno o quelli che riescono a ripartire.

Paradossalmente perdere il lavoro può diventare il motivo per fare il punto su noi stessi, capire chi siamo e cosa vogliamo essere in futuro,  ma è anche l’occasione per capire chi sono le persone intorno a noi e come ci possono aiutare. 

Analisi e bilancio delle proprie competenze e uso corretto del networking, sono  gli strumenti per una ripartenza, per arrivare in un luogo migliore di quello che abbiamo lasciato.

Da solo io non ne sono capace: persone ed Enti mi hanno aiutato e il risultato è arrivato.

Cercare lavoro da soli è meglio?

Nella ricerca di un buon lavoro è sempre meglio soli che male accompagnati.

Il bravo cercatore di lavoro è come uno che cerca funghi in un bosco a ottobre: da soli si trova di più e di meglio. Se siamo in due bisogna dividere il malloppo; e se si è in tre?

 

Qualche giorno fa ho incontrato un professionista senza lavoro da qualche settimana; un dipendente di livello medio alto, con esperienze importanti, non giovane, licenziato da una piccola impresa con mercato internazionale. Una persona con una interessante storia professionale, di livello culturale medio alto, determinata e ben organizzata. Gli serviva solo di fare un poco di networking: utilizzare (ex) colleghi, conoscenti, chi lavora nella concorrenza, associazioni di categoria, un job-club, altri che cercano lavoro, per rinforzare la ricerca, per aumentare le informazioni e per supportare ed essere supportato nei momenti difficili.

“Cercare insieme ad altri? Non credo possa funzionare. Io sono… speciale!”, mi ha risposto.

“Quello che cerco io è troppo particolare! Quello che io voglio è molto di nicchia, non siamo in molti nel mio settore: non vedo come altri potrebbero essermi utili; né, d’altra parte, come potrei io esserlo per loro? Io non conosco nessuno al di fuori del mio ambiente di lavoro. Se volessi inserirmi, che so, nel marketing o nelle costruzioni civili, allora sì che qualcuno potrebbe aiutarmi, ma la mia è una ricerca troppo peculiare… e poi… meno concorrenza c’è meglio è. Quello che trovo è mio, e basta”.

Ma non è vero.

Collaborare con gli altri aumenta la qualità del lavoro. Certo, non è facile lavorare in gruppo, almeno all’inizio, ma quando il gruppo funziona i singoli possono raggiungere obiettivi che si credevano irraggiungibili: la forza, l’intelligenza e la motivazione di ciascuno, sommati, danno risultati nettamente superiori.

In un buon gruppo 1 + 1 può fare 3!

Non è un’opinione, ma un fatto, accertato da numerose ricerche.

La “collaborazione” è un vero e proprio strumento di lavoro: possiamo avere più informazioni utili, migliorare la nostra autostima, tenere alta la motivazione, sbagliare di meno nella ricerca, riusciamo anche migliorare il nostro curriculum.

Prova solo a pensare ad un piccolo gruppo di persone che cercano lavoro: ci si trova una volta la settimana – va bene anche un bar, come fanno quelli di Unbreakfast (www.unbreakfast.it) – si scambiano informazioni, nomi e numeri di telefono, li si vaglia insieme, si controllano a vicenda i cv, si condividono corsi di formazione o convegni (gratuiti) dove incontrare potenziali datori di lavoro, si divide il lavoro di ricerca, si portano a conoscenza i colleghi di potenziali offerte interessanti. E l’elenco delle cose che si possono fare non finisce qui.

Condividere informazioni e metodi di lavoro, fa la differenza, fa aumentare il numero di aziende prese in esame, rende più mirata la ricerca, il tutto a patto che ci sia un metodo e che lo si applichi correttamente.

L’indagine che può fare una persona, per quanto ben fatta, non porterà mai agli stessi risultati di una fatta con il supporto di un gruppo che condivide le stesse esigenze. Quando il gruppo funziona i membri più attivi stimolano quelli momentaneamente più deboli; la ricerca di un buon lavoro dura diversi mesi e qualche volta la motivazione cala: ma il rapporto positivo con gli altri ci aiuta a superare i momenti di buio, la motivazione ballerina, le depressioni che sono sempre dietro l’angolo. E se il gruppo è composto da persone che cercano lavori diversi tra loro… tanto meglio! Minore concorrenza tra i membri e minori tensioni, visto che la condivisione delle informazioni apre nuovi mercati e può aprire anche la nostra mente alla ricerca di vendere un prodotto che… siamo noi stessi! L’importante è darsi delle regole chiare e seguirle: per esempio chiunque trovi un’occasione, deve condividerla con gli altri, pur essendo il “titolare” della stessa.

Fare networking significa creare e attivare la rete delle persone, delle aziende, delle associazioni professionali e di categoria, degli Enti che possiamo raggiungere e che ci possono portare informazioni, permettendoci così di conoscere meglio il mercato di riferimento, le occasioni di lavoro o di formazione. Ma fare networking significa amplificare la nostra potenza di ricerca.

La rete presidiata e utilizzata adeguatamente dà risultati. La condivisione delle informazioni dà risultati. Migliorare in gruppo il proprio curriculum dà risultati.

 

 

6 COSE DA FARE SE È DA TANTO CHE NON SOSTIENI UN COLLOQUIO

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Hai finalmente deciso che dopo tre, cinque o anche dieci anni è giunto il momento di cambiare azienda e sostenere dei colloqui per un nuovo lavoro? Se è così, è comprensibile che possa avere delle titubanze. Dopo tutto, in tutti questi anni hai costruito un buon network e hai stretto buone relazioni con i tuoi attuali colleghi. Hai progredito nella tua carriera in quella situazione e hai anche lasciato il segno. Ma ora sai che è il momento di chiudere questo capitolo e tornare dopo molto tempo dentro il “gioco” dei colloqui di lavoro. E ciò renderebbe chiunque ansioso.

Di contro la futura azienda potrebbe avere le proprie riserve sul tuo conto. Certo la tua lunga permanenza nella stessa azienda, l’esperienza maturata e la fedeltà dimostrata al tuo datore di lavoro deporrà a tuo favore. Tuttavia, il selezionatore potrebbe dubitare della tua capacità di adattarti a nuovi contesti, o di come potresti comportarti davanti a nuove situazioni che ti si presenteranno innanzi.

La buona notizia è che ci sono cinque semplici mosse che puoi adottare per scacciare ogni dubbio a te stesso ed alla persona che hai di fronte, concludendo con successo il tuo colloquio.

1. Supera le tue preoccupazioni

Come puoi presentarti al meglio al selezionatore se nutri dubbi su te stesso? Certo, è da molto che non sei protagonista di un colloquio e sicuramente ti mancherà un po’ di pratica. Tuttavia, se ti preparerai in modo adeguato con anticipo, ti porrai ai suoi occhi nel migliore dei modi. Prima del colloquio, ripeti mentalmente ad alta voce le risposte ad alcune domande tipiche, davanti allo specchio o ad altre persone, ed esercitati a parlare a te stesso più spesso. In questo modo, allenati a trasmettere fiducia, ad esempio sorridendo, stando seduto ben dritto e guardando negli occhi chi ti sta davanti. Una volta che avrai messo bene in pratica questo consiglio, sarai pronto per far passare parecchi dubbi al tuo selezionatore.

2. Focalizzati sui tuoi obiettivi

La cosa principale che un selezionatore vuole comprendere è che hai speso un tempo di qualità nella tua precedente azienda, piuttosto che esserti adagiato sugli allori per buona parte degli ultimi dieci anni.
Come è progredita la tua carriera in azienda? Illustra tutti i traguardi raggiunti, e parla dell’impatto positivo che questi hanno avuto. Puoi anche far menzione di promozioni o aumenti di responsabilità che hai avuto. Tutto ciò dimostrerà che gli anni passati in quella stessa azienda non riflettono una mancanza di ambizione. Al contrario, hai tratto tutto il possibile da essa in termini di opportunità di carriera, ed ora è tempo di cambiare.

3. Presentati come esperto del tuo campo

Fiduciosi che tu sia riuscito a dimostrare l’esperienza maturata nel settore di riferimento, ora devi fare un ulteriore passo per enfatizzare come tu sia estremamente esperto e pratico grazie a tutti quegli anni trascorsi in quel ruolo. Così come evidenziare premi e riconoscimenti ottenuti, parla di come ti sei appassionato di quel che fai ed entra nello specifico. Illustra le modalità in cui tieni le tue competenze sempre aggiornate, grazie a training, o leggendo articolo dedicati oppure partecipando a webinar. Qualunque sia il modo, dimostra al selezionatore che sebbene tu abbia già maturato una grande esperienza, hai molta voglia di continuare ad imparare nel prossimo futuro.

4. Dimostra che potrai costruire nuove relazioni

Il tuo selezionatore potrebbe essere titubante sul fatto che, avendo lavorato per molto tempo con le stesse persone, tu possa riuscire a stringere buoni rapporti con persone di un differente ambiente.
Tuttavia non avere alcun dubbio nell’asserire che hai già avuto modo di doverti trovare in una situazione simile nella tua attuale azienda. Probabilmente ti avranno chiesto di istruire un nuovo arrivato, organizzare meeting con nuovi clienti o partecipare ad eventi in rappresentanza dell’azienda. Perciò non ti è cosa nuova costruire relazioni, e chi sta parlando con t deve saperlo.
Tieni questi esempi ben fermi nella tu amente, e sii pronto ad utilizzarli durante i colloqui. Illustra come sei riuscito ad instaurare un buon rapporto con altre persone in poco tempo, grazie alla tua capacità di ascolto, ponendo la domanda giusta o parlando di argomenti di comune interesse.

5. Fagli vedere che sei di larghe vedute

Un altro dubbio che il selezionatore potrebbe avere è che i processi e le procedure acquisiti nella tua attuale azienda sono diventate talmente automatiche per te da poterti creare difficoltà nel doverti adattare ad un nuovo modo di lavorare. Puoi replicare parlando di come ti sia posto sempre in modo curioso e pronto ad accettare le novità nel tuo ruolo. Ciò può includere il tempo che hai trascorso nel cercare nuove soluzioni di business, imparare autonomamente cose nuove, o suggerendo nuove idee da implementare. Puoi anche chiedere molte cose a fine colloquio, dimostrando che ti interessa questa nuova realtà aziendale e che vuoi saperne di più, per comprendere cosa la differenzia dalla tua attuale realtà lavorativa.

6. Sottolinea il tuo bisogno di cambiamento

Come ho detto prima, sebbene la fedeltà al tuo datore di lavoro possa essere letta in modo positivo, i tuoi tanti anni di permanenza nella stessa azienda possono erroneamente essere intesi come paura del cambiamento. Il modo migliore per contrastare ciò è enfatizzare quanto tu senta il bisogno di un cambiamento, spiegando così il perché tu sia lì. Non parlare mai in modo negativo della tua precedente azienda, invece concentrati a mettere in buona luce gli aspetti positivi che ti attraggono di questa nuova opportunità, che sia il settore id mercato, la dimensione dell’azienda o il ruolo da ricoprire. Quanto ti chiederanno: “perché vuoi lasciare il tuo ruolo?”, focalizza la risposta solo sugli aspetti positivi che speri di raggiungere grazie a questo nuovo step nella tua carriera.
Per concludere, gli anni trascorsi nella tua attuale azienda saranno un asse nella mancia, ma solo se la giocherai bene. Il trucco è concentrarsi sugli aspetti pratici, spazzando via ogni potenziale dubbio del selezionatore, e dimostrando che sei ambizioso e che ti saprai adattare al nuovo contesto, formulando le tue risposte dando risalto alla tua esperienza, alle tue skill personali e all’entusiasmo di iniziare una nuova avventura lavorativa.
Ho copiato questo bel post, ma ne valeva la pena.


Autore: Dean Stallard, Regional Director Hays Hong Kong

Fonte: Hays Viewpoint

Cos’è una email di follow-up e perché vale la pena scriverla?

Questo articolo è stato copiato da Business Insider ed è stato scritto da Richard Feloni.

 

Il libro best seller di consigli su come fare carriera di Keith Ferrazzi “Never Eat Alone”, ha alcune centinaia di pagine di suggerimenti su come crearsi contatti professionali, ma c’è un piccolo punto che non può essere ignorato.

I doni più memorabili che abbia mai ricevuto sono quelli il cui valore non poteva essere misurato in dollari e centesimi” ha scritto Ferrazzi. “Sono le lettere affettuose, le email sentite e i biglietti che ho ricevuto dalle persone che mi ringraziavano per averli guidati e consigliati”.

Leggi anche: Sette frasi da non scrivere MAI nelle vostre email di lavoro

Ha fatto notare che se mandate un bel messaggio di follow up dopo una riunione con qualcuno, vi distinguerete dal “95 per cento dei vostri colleghi” poiché “la maggior parte della gente non è brava a inviare messaggi di follow up, ammesso che li mandi”.

Ferrazzi ha espresso il concetto in lettere maiuscole: “Il FOLLOW UP È LA CHIAVE DEL SUCCESSO IN OGNI CAMPO” – e questo non significa limitare il follow up ai colloqui di lavoro.

Ferrazzi è il fondatore e CEO di Ferrazzi Greenlight, uno studio di consulenza e management con clienti come General Motors e American Express, e fa costantemente riunioni con clienti nuovi e potenziali.

Ecco un esempio di email che lui manderebbe ad uno dei suoi potenziali clienti dopo la loro prima riunione, dove si sono incontrati per conoscersi un po’ meglio.

Si noti che lui “ripercorre gli impegni che ognuno ha preso nella riunione, e chiede quando è possibile organizzare un secondo incontro di follow-up”:

“È stato fantastico parlare con te durante il pranzo di ieri. Volevo dar seguito ad alcune delle idee che abbiamo discusso insieme. Credo che Ferrazzi Greenlight possa essere utile rispetto agli interessi della vostra azienda, e ho avuto il tempo di elaborare la cosa nei dettagli”.

“La prossima volta che mi trovo in città, mi piacerebbe ottenere anche soltanto un buco tra un impegno e l’altro sulla tua agenda e poter chiacchierare per cinque o dieci minuti”.

Quanto sopra è solo uno schema, ma Ferrazzi consiglia di aggiungere qualcosa di personale al vostro messaggio, come un’allusione a qualcosa che avete discusso, a un interesse comune che avete scoperto, o a una battuta scherzosa che è saltata fuori.

Leggi anche: Questa è la mail che devi scrivere per chiedere un favore. E non finire nello spam

Ecco alcuni ulteriori suggerimenti:

  • Inviate la vostra email entro 24 ore dalla riunione, ma non aspettate troppo a lungo. Se avete bevuto un drink insieme, inviate il messaggio la mattina seguente.
  • Esprimete gratitudine.
  • Siate brevi.
  • Concentrate il messaggio su cosa potete fare per loro.
  • Se qualcuno vi ha messo in contatto con questa persona, inviate un’email di follow-up anche a questo qualcuno.

La cosa più importante, ha scritto Ferrazzi, è che facciate del follow-up un’abitudine. È un piccolo investimento di tempo che frutterà molto nella vostra carriera.

Sei una persona di successo?

Avere successo è raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissi, come migliorare il nostro lavoro o trovare un buon lavoro dopo che lo abbiamo perduto.

Ma cosa ti rende davvero una “persona di successo”?

Puoi fare qualcosa per diventarlo?

C’è un comportamento da mettere in pratica o tutto dipende dal caso?

C’è modo di capire cosa fanno le persone che arrivano ad avere successo e quelle che, invece, alla propria affermazione non arriveranno mai?

L’infografica che segue, scherzosamente mette in fila i disparati comportamenti che portano a conseguenze diverse…

(MALEDIZIONE E’ IN INGLESE! TROPPO DIFFICILE PER ME! IO LASCIO PERDERE…)

Tanto per cominciare:

  • Le persone che non hanno successo hanno paura del cambiamento e sperano sempre, in segreto, che gli altri… falliscano.
  • Invece le persone di successo trasmettono il proprio piacere nel fare le cose che fanno e pensano a lungo termine.

Insomma, il mondo si divide in due parti; scegli da quale stare e quale comportamento ti darà… la felicità!

UNSUCCESSFUL

  • Temere il cambiamento.                                  habitsofsuccessfulpeople
  • Agire prima; pensare poi.
  • Mollare facilmente.
  • Perdere tempo.
  • Pensare di sapere già tutto.
  • Parlare più che ascoltare.
  • Criticare sempre.
  • Non darsi obiettivi concreti.
  • Lasciarsi distrarre continuamente.
  • Cercare di abbassare gli altri al proprio livello.
  • Offendere.
  • Sperare segretamente che gli altri falliscano.
  • Prendere sempre la strada meno faticosa.
  • Non sapere esattamente chi e cosa si vuole essere.
  • Pensare, dire e fare cose negative.
  • Smettere di imparare.
  • Sempre arrabbiati con gli altri.
  • Tenere il broncio.
  • Pensare di avere sempre ragione.

SUCCESSFUL

  • Tracciare i progressi.
  • Apprendere dagli errori.
  • Passare tempo con le persone che fanno stare bene.
  • Mantenere un adeguato bilanciamento tra vita e lavoro.
  • Scrivere i propri obiettivi.
  • Complimentarsi con gli altri.
  • Avere una o più liste di cose da fare.
  • Avere ben chiara la propria mission.
  • Essere contenti che gli altri abbiano successo.
  • Accettare le responsabilità dei fallimenti.
  • Avere un desiderio bruciante.
  • Lavorare con passione e con responsabilità.
  • Imparare, migliorare, leggere ogni giorno.
  • Prendersi rischi.
  • Maneggiare bene i problemi.
  • Essere umili.
  • Scambiare informazioni.
  • Trasmettere gioia.
  • Perdonare gli altri.
  • Parlare delle belle idee.
  • Abbracciare il cambiamento.

Ebbene sì: lo ammetto, sono molto bravo, ma l’idea del post me l’ha data Laurence Hebberd, che è Community Manager di Link Humans in London. Scrive anche  su Twitter- @LinkHumans. Lo ringrazio.

HAI PAURA DEL COLLOQUIO DI LAVORO?

Da un suggerimento Alyse Kalish su @dailymuse

La notte prima del colloquio di lavoro è come la famosa notte prima degli esami: quali sono le cose che ci fanno più paura?

Il colloquio è una fase importante nella nostra ricerca di lavoro: è il momento in cui abbiamo le maggiori possibilità di farci conoscere e di conoscere l’azienda e la posizione che potremmo ricoprire. Non è facile conquistarsi un colloquio.

Per questo molti di noi sono preoccupati di usare la frase sbagliata, pensando che basti una sola espressione a rovinare tutto. Altri, invece, hanno paura di non riuscire a dire quella cosa che li descriverebbe nel modo giusto. Ancora, qualcun altro teme di dimenticare tutto non appena si siederà di fronte all’interlocutore.

Comunque: alzi la mano chi non ha paura del colloquio di lavoro!

Certamente è sbagliato affrontare un momento della propria ricerca o del proprio miglioramento professionale come se fosse un esame di scuola, ma, spesso, ci sentiamo così; tanto vale, accettare di aver fifa e prepararci di conseguenza.

Quali sono le paure delle persone che si presentano al colloquio? Come si possono affrontare? Come superarle?

The Muse, sito specializzato in tips and tricks per cercatori di lavoro, ha portato a termine un piccolo sondaggio – certo senza un vero valore statistico – che ci dà un’idea di quali possano essere le paure più grandi che avvertono le persone che si apprestano a fare un colloquio lavorativo. Magari ci sono anche le nostre? @dailymuse. Real talk: Le interviste di lavoro possono essere snervanti. Quali sono le vostre più grandi paure? 4:25 PM – 19 Oct 2016

36% Trovare rapidamente le risposte giuste.

5% Vestire in modo adeguato.

52% Non sapere cosa dire.

7% Dimenticare cose importanti.

Al sondaggio via Twitter hanno risposto in 157 persone. La maggior parte di queste, manifesta il timore di non sapere cosa dire: capita con le DOMANDE KILLER, quando, per esempio, l’intervistatore chiede: Mi parli un po’ di lei…

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AAAAARRRRGGGGHHHHHH

L’importante è farsi trovare pronti.

Prenditi il tempo di pensare quando senti una domanda killer. Lo sai cosa dire, probabilmente devi solo riordinare le idee; oppure hai paura di dire cose poco importanti o che ti mettono in cattiva luce.

Perciò se c’è una domanda alla quale non sai come rispondere, prenditi il tempo per pensarci. All’inizio i selezionatori non si aspettano le “risposte giuste”, vogliono solo capire come ti atteggi.

Infine, fai un respiro profondo e vai tranquillo. Il colloquio è solo un piccolo passo nella tua grande ricerca di un lavoro e non devi arrivarci impreparato.

Essere nervoso è normale. Qual è il miglior trucco per cavarsela al meglio? Essere sempre preparati, così non dovrai preoccuparti della risposta giusta

E qual è la risposta giusta? Partiamo prima dalle domande!

Ecco le 30 DOMANDE KILLER più comuni in una intervista di lavoro

  1. Mi dica qualcosa di sé.
  2. Che cosa sa della posizione?
  3. Che cosa sa di quest’azienda?
  4. Perché vuole questo lavoro?
  5. Perché dovremmo assumerla?
  6. Quali sono i suoi punti di forza professionali?
  7. Quali sono i suoi punti deboli?
  8. Qual è il suo obiettivo professionale più grande?
  9. Mi dica qual è stato la sua più grande sfida o il conflitto con il quale si è confrontato e come l’ha risolto.
  10. Dove si vede tra cinque anni?
  11. Qual è il suo sogno professionale?
  12. Sta facendo colloqui con altre aziende?
  13. Perché lascia il suo lavoro attuale?
  14. Perché è stato licenziato?
  15. Che cosa cerca in una nuova posizione?
  16. Che tipo di ambiente professionale preferisce?
  17. Qual è il suo stile di management?
  18. Quando ha esercitato la sua leadership?
  19. Come si è comportato quando non si è trovato d’accordo con una decisione presa dal suo capo?
  20. Come vorrebbe essere descritto dal suo superiore e dai suoi colleghi?
  21. Perché c’è un buco nella sua storia lavorativa?
  22. Mi spiega perché ha cambiato i suoi percorsi di carriera?
  23. Come affronta la pressione o le situazioni stressanti?
  24. Come vorrebbe che fossero i suoi primi 30, 60, 90 giorni nel nuovo ruolo?
  25. Quali sono i suoi interessi extra lavorativi?
  26. Se lei fosse un animale, quale vorrebbe essere?
  27. Quante palle da tennis potrebbero stare in una limousine?
  28. Ha pensato di avere figli?
  29. Pensa che quest’azienda potrebbe fare meglio o diversamente le cose che fa?
  30. Ha qualche domanda che vorrebbe fare?

Immagine tratta dal blog di Arduino Mancini tibimail

Immagine tratta dal blog di Arduino Mancini tibimail

Il vero consiglio è di prevedere le domande e prepararsi le risposte giuste; così da non rimanere troppo sorpresi e riuscire a cavarsela al meglio. Un colloquio è un momento importante della ricerca di un nuovo lavoro.

Colloqui? Nella tua ricerca ce ne saranno molti: un buon allenamento ci permetterà di vincere la gara.

Mamma ho perso il lavoro! Embè? Atto secondo

ORMAI E’ FATTA! SEI… FUORI.

coverPaola Pesatori, è vice presidente di Unbreakfast: “E’ importante superare bene il momento della perdita del lavoro, ma lo è altrettanto darsi da fare per trovare utili informazioni su come ripartire verso una migliore conoscenza di se stessi”. Obiettivo: ritrovare il miglior lavoro possibile.

 

  • E ADESSO?  ESCI NEL MODO MIGLIORE!

Dare un calcio nelle palle al tuo (ex) capo? Bruciare la scrivania? Non è il caso: un attimo di piacere e molti mesi per pentirsene. Piuttosto, studia le mosse da fare.

  • Preparati psicologicamente.
  • Elabora una strategia per negoziare al meglio: i soldi e il tempo che ti sono dati prima di uscire.
  • Non firmare nulla subito.
  • Valuta se rivolgerti a un avvocato.
  • Fatti pagare il TFR con la tassazione agevolata.
  • Chiedi di essere aiutato con un percorso di outplacement.
  • Conserva l’autostima.
  • Non farti prendere da vergogna e sensi di colpa: serve a niente.
  • Devi reagire, datti una mossa!
  • Trova il modo per dirlo in famiglia.
  • HO DAVVERO PERSO IL LAVORO

Ebbene sì! Puoi evitare di mettere tutti i giorni la giacca o il tailleur di ordinanza. Se non altro stai comodo. E ragiona.

  • Non sei il solo/ la sola: purtroppo questi sono anni così. Ma tu hai moglie/marito/figli/genitori/amici che ti saranno davvero vicini, ti renderai conto di quanto sono importanti per te.
  • Hai un network personale: stila un elenco di tutte le persone che conosci, ma non chiedere loro un lavoro; metteresti te stesso/a e loro in imbarazzo. Invece, fatti dare referenze o suggerimenti veramente utili.
  • Cerca corsi di formazione, eventi, convegni vicini ai tuoi interessi: molti sono gratis e di qualità.
  • Il settore Pubblico aiuta: le Provincie hanno la titolarità sul lavoro, ma cerca anche in Regione o in Comune, per informazioni su liste, formazione, percorsi utili.
  • MI RIMETTO IN GIOCO

Organizzati per tornare in pista alla grande

  • A testa alta: un nuovo inizio è importante. Non stare fermo.
  • Tu sei una grande risorsa, non sei un/una disoccupato: fai volontariato, aiuta qualcuno!
  • Rimettersi in gioco e cercare il lavoro è… un lavoro duro!
  • Valuta le tue competenze: quanto sei bravo/a a fare le cose?
  • I professionisti del cambiamento: coach e counselor, seleziona quelli utili e… usali!
  • Formazione: quali sono le competenze e le informazioni che ti mancano?
  • Outplacement: la tua (ex) azienda (#sempresialodata) lo prevede? Potrebbe essere gratis.
  • Il curriculum: da quanto tempo non lo rinnovi?
  • Il colloquio: più ne fai e più diventi esperto. Bisogna conquistarlo!
  • Le società di selezione: per loro sei un valore. Cerca quelle giuste.
  • La risorsa del social network: ti dico solo una cosa LINKEDIN. Se non ci sei non esisti.
  • Unbreakfast: è una grande associazione, veramente etica, non profit e professionale. I suoi membri sono animati dal sincero desiderio di condividere, partecipare, aggiornarsi, pensare positivo e rimettersi in gioco. Ottima per fare rete e scambiare informazioni. Un unico neo: è a Milano.
  • Darsi i tempi giusti: non credo che dopo aver letto questo post troverai il lavoro. Se non fosse così… fammi sapere!
  • I sogni nel cassetto: sembrerà strano, ma è proprio questo il momento di pensarci. Chissà che un tuo vecchio sogno rimandato, non possa essere messo in pratica e diventare una nuova attività.

Da un evento traumatico può scatenarsi la giusta energia che ti permette di cambiare in meglio la tua vita. Provarci con metodo è un obbligo!

bigbangesplosionelavoro

il Big Bang della perdita con le fasi che si vivono e l’approdo possibile PRIMA di trovare la tua strada.