Archivi categoria: PENSIERI

Metodologia della formazione delle persone

Studiare ho studiato: Università, Specializzazione, corsi formazione per formatori, gli autori più importanti: Rogers, Gestalt, Berne, PNL, psicologia umanistica, i docenti più conosciuti.

… E poi ho dimenticato tutto.

Lavorare sul campo CON le persone significa adattarsi all’individuo o all’azienda che hai di fronte, capire le sue esigenze e rispondere al meglio. Apportare un cambiamento, far capire che è necessario un cambiamento, favorire il cambiamento.

Le formule magiche? Le ho imparate tutte, ma… non funzionano!
Perché le persone sono sempre un’altra cosa. Persone ed aziende sono sempre come non te le aspetti; ma questa è la sfida più affascinante.
E, dimenticavo, non si può vendere nulla che qualcuno non abbia già comprato.

E comunque questo blog non vende nulla.

Il colloquio di lavoro: fantasia, ma non esagerare…

Vendo coaching e automobili

Quante volte ci imbattiamo in blog o siti che propongono formazione o, più spesso, work coaching, career coaching e, addirittura, life coaching.

Il web e i social networks propongono interventi, cercano di superare la difficoltà di non potersi parlare direttamente, di non vedersi, di non avere, cioè un rapporto. Avere a che fare professionalmente con le “risorse umane” significa utilizzare la relazione personale come strumento di diagnosi (capire quali sono le difficoltà e i problemi) e come strumento di miglioramento. Strumenti come Skype o la video conferenza o anche, più semplicemente, il telefono possono aiutare non poco, ma non sostituiscono la presenza. Il fatto di essere fisicamente in un posto o in un altro, in azienda o nello studio del coach – inoltre – non è secondario.

Qualche volta ho l’impressione che si venda la formazione sul web, allo stesso modo in cui si vendono automobili. Come se un annuncio dicesse: vendo automobili (formazione), di buona qualità (sono bravo), perché certificate (ho un diploma, ho studiato tre anni), se vuoi te le porto direttamente a casa; in alcuni casi si parla anche di marche (faccio parte di una importante scuola piuttosto che di un’altra).

Il problema è che le automobili, anche le più conosciute, anche le più pubblicizzate, devono essere PROVATE. Il possibile cliente deve, certo, essere informato circa le caratteristiche tecniche, di sicurezza, di costi di manutenzione e di prezzo. Ma il cliente vuole vedere, vuole provare, vuole sentire il profumo della macchina che compra.

Così nel coaching, nella formazione, nel team building eccetera. E’ certamente utile sapere che il professionista ha frequentato la scuola di qualità, che sa utilizzare i termini giusti, che ha costi ragionevoli. In realtà, per poter fare una scelta veramente equilibrata, bisogna provare. Il che significa incontrare il professionista, parlare con lui, annusarlo. Solo così la scelta sarà stata fatta tenendo conto dei fattori hard e di quelli soft (che sono quelli che spesso fanno la differenza). Non sembri una cosa eccentrica: sono sempre di più i corsi di lingue o di nuoto, per esempio, che permettono di fare una o due lezioni gratuite, prima di parlare di soldi. Se l’insegnante o l’ambiente sono di tuo gradimento li compri, diversamente te ne vai…

"Acquisto l'auto o un coaching?"

E quindi: vuoi comprare un’auto? Informati sulle caratteristiche, sul prezzo, sul finanziamento… ma passa in concessionaria e toccala, guardala, guardati dentro, pensa se ti serve davvero e perché; annusala e facci un giro. Se non te lo permettono vai da un’altra parte. Funziona così anche quando pensi che potrebbe esserti utile un corso di formazione, un coach, o qualcosa di simile.

Un’attività così importante, in termini di investimento personale, deve essere considerata da diversi punti di vista. Considera che l’automobile sbagliata la puoi sempre rivendere, un coaching poco utile te lo devi tenere…

Gli italiani sono liberisti? No

Secondo me le liberalizzazioni sono una gran bella cosa.

Solo che, i più spaventati dalle liberalizzazioni sono quelli che dovrebbero beneficiarne.
Cioè i clienti, i consumatori, gli utenti.
Insomma quasi tutti.

“Io non vado in parafarmacia a prendere l’aspirina!”
“Ma lo sai la responsabilità che ha un notaio?”
“Stai tu in macchina tutto il giorno, per mille euro al mese!”

Gli italiani hanno paura delle liberalizzazioni, perché somigliano troppo alla “libertà”.
E agli italiani la libertà fa impressione.

Alla gente fa pena il notaio che si sbatte per autenticare la firma, dispiace che il tassista debba stare in strada otto ore o che un farmacista tenga aperto il sabato pomeriggio (invece di passeggiare con la morosa).

Molto meglio una certezza grama che una libertà faticosa.
Magari finisce che si guadagna qualcosa.

Se non ora quando? Che sia adesso?

Non UN lavoro, ma  UN BUON lavoro…

Intervista al Ministro Fornero

Scusate se copio un’intervista, ma ne vale la pena.

E’ apparsa sul Corriere di domenica 18 dicembre, l’intervista alla nuova Ministro del Lavoro: dice delle cose interessanti davvero.

ROMA – Adesso che la riforma delle pensioni è passata alla Camera e nessuno dubita che passerà al Senato, si possono tirare le somme con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, economista, torinese, 63 anni, che mai avrebbe pensato, fino alla chiamata nel governo Monti, di essere protagonista della riforma della previdenza più dura nella storia d’Italia.

Elsa ForneroElsa Fornero

Ministro, non ha usato la mano troppo pesante? Non poteva fare una riforma un po’ più graduale? 
«Noi, col decreto “salva Italia” ci siamo trovati in emergenza. Nei decenni passati erano state fatte riforme tutto sommato buone, ma è come se le avessimo accantonate proprio perché eccessivamente graduali. Questa volta la riforma non poteva che essere forte. La priorità è stata quella di mandare un segnale deciso all’Europa sulla nostra capacità di riequilibrare il sistema secondo equità intergenerazionale».
Lei aveva promesso equità anche sul fronte dei privilegi. Che cosa è riuscita a fare? 
«Intanto siamo intervenuti sui regimi speciali (elettrici, telefonici, trasporti, dirigenti d’azienda, ndr), attraverso un contributo di solidarietà. Inoltre, per i lavoratori autonomi, che godevano di pensioni generose in rapporto ai contributi versati, abbiamo previsto un aumento graduale degli stessi fino al 24%. Infine c’è l’inasprimento del contributo di solidarietà sulle pensioni sopra i 200 mila euro, che io avrei voluto più alto del 15%».

E per categorie come i militari e i magistrati? 
«Per questi c’è un rinvio, ma solo per approfondire le specificità dei loro ordinamenti. Nessuno si illuda che non interverremo. Stessa cosa per le casse dei professionisti. Lo so che qui dentro c’è buona parte della classe dirigente, ma sicuramente procederemo».

(…)

Ma con questa crisi, anche occupazionale, ha senso tenere le persone al lavoro, in prospettiva, fino a 70 anni?
«Siamo tutti concentrati sulla contingenza, ma questa è una riforma strutturale. Per funzionare ha bisogno di un sistema in crescita. Non ci possiamo permettere la stagnazione e tantomeno la recessione. Il punto è: il lavoro è ciò che ti dà la pensione. Un buon lavoro ti dà una buona pensione. Il messaggio è: non vi stiamo tagliando la pensione – al netto del blocco della perequazione dovuto all’impegno al pareggio di bilancio nel 2013 – ma vi stiamo chiedendo di lavorare di più, perché questo vi premia».

Lei crede che le imprese terranno le persone fino a 70 anni? 
«Qui tocchiamo una anomalia del nostro sistema. La previdenza è stata troppo spesso un ammortizzatore sociale, per cui tutte le riorganizzazioni d’impresa sfociano in prepensionamenti. Accade perché se guardiamo alla curva delle retribuzioni, lo stipendio sale con l’anzianità mentre in altri Paesi cresce con la produttività e quindi fino all’età della maturità professionale ma poi scende nella fase finale, perché il lavoratore anziano è di regola meno produttivo. Da noi non è così e questo fa sì che le aziende risolvano il problema mandando i dipendenti più anziani e costosi in prepensionamento. Anche i lavoratori hanno la loro convenienza con la pensione anticipata. E lo Stato copre questo patto implicito tra aziende e lavoratori anziani a scapito dei giovani. Se vogliamo fare la riforma del ciclo di vita, è proprio per rompere questo patto: non ce lo possiamo più permettere».

Ma come può il governo intervenire sulla dinamica retributiva, materia della contrattazione? Eppoi, gli stipendi sono già bassi… 
«La riforma delle pensioni deve accompagnarsi a quella del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali e, anche se non è di mia competenza, della formazione. Sono tutti aspetti di un disegno di riforma del ciclo di vita. Certo che la contrattazione è materia tra le parti. Ma noi vogliamo presentare ad esse le nostre analisi e spingerle non a ridurre i salari, ma a riflettere sulla necessità di avvicinarli il più possibile alla produttività».

La trattativa sul mercato del lavoro comincerà entro il 31 dicembre? 
«Forse non ce la faremo, perché vorrei presentarmi alle parti con delle analisi approfondite sulle diverse questioni».

(…)

Il 40% dei disoccupati ha meno di 30 anni e chi lavora, ha quasi sempre contratti precari. 
«Giovani e donne sono i più penalizzati perché la via italiana alla flessibilità ha riguardato solo loro, risparmiando i lavoratori più anziani e garantiti. Sono rimasta molto colpita nel sentire i pensionati che si lamentano perché devono mantenere anche i nipoti. Questo è un ciclo perverso. Non è possibile che la pensione di un nonno debba mantenere dei giovani né che questi si adagino su una prospettiva di vita bassa».

Come se ne esce? 
«Penso che un ciclo di vita che funzioni è quello che permetta ai giovani di entrare nel mercato del lavoro con un contratto vero, non precario. Ma un contratto che riconosca che sei all’inizio della vita lavorativa e quindi hai bisogno di formazione, e dove parti con una retribuzione bassa che poi salirà in relazione alla produttività. Insomma, io vedrei bene un contratto unico, che includa le persone oggi escluse e che però forse non tuteli più al 100% il solito segmento iperprotetto».

I sindacati non ci stanno a toccare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. 
«Sono abbastanza anziana per ricordare quello che disse una volta il leader della Cgil, Luciano Lama: “Non voglio vincere contro mia figlia”. Noi, purtroppo, in un certo senso abbiamo vinto contro i nostri figli. Ora non voglio dire che ci sia una ricetta unica precostituita, ma anche che non ci sono totem e quindi invito i sindacati a fare discussioni intellettualmente oneste e aperte».

Monti ha detto che le nuove regole si applicheranno solo ai futuri assunti. 
«Certamente penso ci voglia maggiore gradualità nell’introduzione delle nuove regole rispetto a quanto abbiamo fatto sulle pensioni».

Oltre ai giovani, le donne sono molto penalizzate. 
«Sono anche ministro delle Pari opportunità, che non considero figlie di un dio minore. Sulle donne bisogna invertire la logica delle compensazioni. Non vogliamo queste, ma la parità. Quando sento dire “io lavoro molto e poi devo anche occuparmi di mio marito e della casa” dico che le famiglie condividono ancora troppo poco i lavori di cura».

Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, dice che una manovra come la vostra poteva farla anche suo zio che non sa nulla di economia. 
«Lascio a Bonanni il suo giudizio. Vorrei invitarlo a discutere delle cose che stanno in questa manovra e penso di avere la presunzione di poterlo convincere che l’equità c’è, magari non quanto lui vuole, e il rigore c’è, e non ne potevamo fare a meno, pena la messa a rischio dei risparmi degli italiani e il non pagamento delle tredicesime».

Ha avuto tempo di occuparsi anche della sicurezza del lavoro? In Italia ci sono ancora troppe morti bianche. 
«Non ci può essere tolleranza soprattutto in una fase di crisi dove magari qualcuno può pensare che è meglio un lavoro anche non sicuro che niente. Agli ispettori del ministero ho detto che devono andare nelle imprese come amici e collaboratori ma anche con intransigenza piena».

Le sue lacrime sulla perequazione delle pensioni hanno fatto discutere. 
«È stata una commozione dovuta alla tensione. Può sembrare che io sia una donna dura, ma non è così. È successo che quando dovevo dire la parola sacrifici mi si è soffocata in gola, anche perché in quel momento ho pensato ai miei genitori, che di sacrifici ne hanno fatto molti».

Enrico Marro

Intervista al consulente.

 

Mariah Carey at the premiere of Tennessee at t...

Image via Wikipedia

A cosa ti dedichi? Cosa dice il tuo biglietto da visita nella parte inerente la professione?

Formazione, selezione coaching e sviluppo del personale; tutto quello che aiuta le persone a lavorare meglio o a capire qual’è il lavoro che preferiscono.

Che cosa hai studiato?

Laurea in scienze politiche, master in relazioni industriali, scuola di psicologia del lavoro.

Che cosa ci si aspetta da te nel tuo lavoro e come riesci a ottenerlo?

Cerco di aiutare le persone che lavorano a capire il senso del loro lavoro e provare a farlo meglio. Dare strumenti concreti per il miglioramento del lavoro. Dare consulenza sulle competenze attuali e future delle persone; cioè quello che possono fare in futuro.

Internet ha cambiato la tua forma di lavorare? E se sì, come?

Internet è il futuro che è già qui: sto cercando di capire in che modo.

Descrivi i tuoi strumenti di lavoro attuali?

Computer, proiettori, libri, carta. Soprattutto lavoro CON le persone.

Hai una pagina web o blog dove possiamo vedere tuoi lavori?

E’ tutto ancora in costruzione! sono da poco sul web. Comunque, a parte questo blog, sono su www.lamiacasetta.wordpress.com, inoltre www.twitter.com @stefanopreto.

Quali sono i lavori più emblematici che hai fatto nel corso della tua carriera?

Formazione insegnanti scuola elementare su i moduli (anni 90).

Formazione per dipendenti patronato INCA CGIL (anni 90/2000).

Formazione e sviluppo per dipendenti Grande Distribuzione Organizzata (mo, nel senso di ora).

Un video di Youtube con qualcosa che è stato significativo nella tua vita.

Concerto di Stefano Preto e Mariah Carey di Natale; io e Mariah cantiamo insieme, ci tengo a precisarlo…

LE BANCHE

La banca è un ente che ti presterà del denaro, se tu puoi provare di non averne bisogno…

Oppure: il banchiere ti presta il suo ombrello quando splende il sole, ma lo rivuole indietro non appena si mette a piovere.

Vale per giovani e meno giovani.