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Cos’è una email di follow-up e perché vale la pena scriverla?

Questo articolo è stato copiato da Business Insider ed è stato scritto da Richard Feloni.

 

Il libro best seller di consigli su come fare carriera di Keith Ferrazzi “Never Eat Alone”, ha alcune centinaia di pagine di suggerimenti su come crearsi contatti professionali, ma c’è un piccolo punto che non può essere ignorato.

I doni più memorabili che abbia mai ricevuto sono quelli il cui valore non poteva essere misurato in dollari e centesimi” ha scritto Ferrazzi. “Sono le lettere affettuose, le email sentite e i biglietti che ho ricevuto dalle persone che mi ringraziavano per averli guidati e consigliati”.

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Ha fatto notare che se mandate un bel messaggio di follow up dopo una riunione con qualcuno, vi distinguerete dal “95 per cento dei vostri colleghi” poiché “la maggior parte della gente non è brava a inviare messaggi di follow up, ammesso che li mandi”.

Ferrazzi ha espresso il concetto in lettere maiuscole: “Il FOLLOW UP È LA CHIAVE DEL SUCCESSO IN OGNI CAMPO” – e questo non significa limitare il follow up ai colloqui di lavoro.

Ferrazzi è il fondatore e CEO di Ferrazzi Greenlight, uno studio di consulenza e management con clienti come General Motors e American Express, e fa costantemente riunioni con clienti nuovi e potenziali.

Ecco un esempio di email che lui manderebbe ad uno dei suoi potenziali clienti dopo la loro prima riunione, dove si sono incontrati per conoscersi un po’ meglio.

Si noti che lui “ripercorre gli impegni che ognuno ha preso nella riunione, e chiede quando è possibile organizzare un secondo incontro di follow-up”:

“È stato fantastico parlare con te durante il pranzo di ieri. Volevo dar seguito ad alcune delle idee che abbiamo discusso insieme. Credo che Ferrazzi Greenlight possa essere utile rispetto agli interessi della vostra azienda, e ho avuto il tempo di elaborare la cosa nei dettagli”.

“La prossima volta che mi trovo in città, mi piacerebbe ottenere anche soltanto un buco tra un impegno e l’altro sulla tua agenda e poter chiacchierare per cinque o dieci minuti”.

Quanto sopra è solo uno schema, ma Ferrazzi consiglia di aggiungere qualcosa di personale al vostro messaggio, come un’allusione a qualcosa che avete discusso, a un interesse comune che avete scoperto, o a una battuta scherzosa che è saltata fuori.

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Ecco alcuni ulteriori suggerimenti:

  • Inviate la vostra email entro 24 ore dalla riunione, ma non aspettate troppo a lungo. Se avete bevuto un drink insieme, inviate il messaggio la mattina seguente.
  • Esprimete gratitudine.
  • Siate brevi.
  • Concentrate il messaggio su cosa potete fare per loro.
  • Se qualcuno vi ha messo in contatto con questa persona, inviate un’email di follow-up anche a questo qualcuno.

La cosa più importante, ha scritto Ferrazzi, è che facciate del follow-up un’abitudine. È un piccolo investimento di tempo che frutterà molto nella vostra carriera.

La resilienza e la ricerca di lavoro

images-2Resilienza è una parola che indica un concetto abbastanza “di moda” in questo periodo. Confesso che, le prime volte che lo sentivo, non sapevo bene cosa significasse, così mi sono preso la briga di approfondire un poco. Nulla di nuovo; chissà quanti non conoscevano bene la parola, pur avendone sperimentato, inconsapevolmente, il significato.

Il concetto è ripreso dalla metallurgia, dove resilienza per un metallo è la capacità di resistere alle forze che vi sono applicate, senza perdere le caratteristiche originarie. Dal contesto originario, il termine si è trasferito alla psicologia, arricchendo il suo significato: quindi nelle persone, la resilienza è la “capacità di resistere e di reagire di fronte alle ineluttabili difficoltà e ad eventi negativi”. Concetto che si adatta, e molto, ai nostri tempi e agli argomenti che qui trattiamo. Si tratta della nostra capacità di resistere e anzi di adattarci al meglio alle situazioni lavorative o di ricerca di lavoro, che sono, appunto, difficili. Quanto siamo capaci di adattare il nostro comportamento in un ambiente lavorativo in cui non ci sentiamo valorizzati? Quanto siamo in grado di resistere alla pressione e agire per cambiare, quando siamo nella situazione di  aver perso il nostro lavoro? La persona resiliente, in questo caso, è chi accetta la situazione, cerca di studiare il miglior comportamento possibile e si dà da fare per trovare un’altra occupazione: possibilmente migliore della precedente.images-3

Un mio conoscente mi raccontava che gli capitava, di quando in quando, di perdere o di rompere un oggetto e di doverlo, perciò sostituire con un altro. Nel suo caso, potendoselo permettere, preferiva sempre acquistarne uno simile ma migliore del precedente: se si rimpiazza qualcosa, si fa il possibile per migliorarlo.

Scopo certamente non facile, visti i tempi, ma la persona resiliente non si fa fuorviare e mantiene la barra dritta, cercando in tutti i modi di perseguire l’obiettivo, pur difficile e impegnativo, mantenendo forte la sua motivazione e determinazione verso il raggiungimento. Comportamento non sempre facile da praticare, ma che, attraverso l’aiuto di persone che hanno le stesse difficoltà, diventa più realistico.

la persona resiliente, nonostante la sua naturale vulnerabilità e fragilità, si adatta e trasforma eventi negativi e pericolosi in opportunità per crescere e progredire, non nonostante ma talvolta proprio dalle difficoltà che segnano la vita”. (Nello scrivere questo post mi sono fatto aiutare dalla lettura che ho fatto di N. Galantino: Resilienza, su La Domenica del Sole 24 ore)

Sei una persona di successo?

Avere successo è raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissi, come migliorare il nostro lavoro o trovare un buon lavoro dopo che lo abbiamo perduto.

Ma cosa ti rende davvero una “persona di successo”?

Puoi fare qualcosa per diventarlo?

C’è un comportamento da mettere in pratica o tutto dipende dal caso?

C’è modo di capire cosa fanno le persone che arrivano ad avere successo e quelle che, invece, alla propria affermazione non arriveranno mai?

L’infografica che segue, scherzosamente mette in fila i disparati comportamenti che portano a conseguenze diverse…

(MALEDIZIONE E’ IN INGLESE! TROPPO DIFFICILE PER ME! IO LASCIO PERDERE…)

Tanto per cominciare:

  • Le persone che non hanno successo hanno paura del cambiamento e sperano sempre, in segreto, che gli altri… falliscano.
  • Invece le persone di successo trasmettono il proprio piacere nel fare le cose che fanno e pensano a lungo termine.

Insomma, il mondo si divide in due parti; scegli da quale stare e quale comportamento ti darà… la felicità!

UNSUCCESSFUL

  • Temere il cambiamento.                                  habitsofsuccessfulpeople
  • Agire prima; pensare poi.
  • Mollare facilmente.
  • Perdere tempo.
  • Pensare di sapere già tutto.
  • Parlare più che ascoltare.
  • Criticare sempre.
  • Non darsi obiettivi concreti.
  • Lasciarsi distrarre continuamente.
  • Cercare di abbassare gli altri al proprio livello.
  • Offendere.
  • Sperare segretamente che gli altri falliscano.
  • Prendere sempre la strada meno faticosa.
  • Non sapere esattamente chi e cosa si vuole essere.
  • Pensare, dire e fare cose negative.
  • Smettere di imparare.
  • Sempre arrabbiati con gli altri.
  • Tenere il broncio.
  • Pensare di avere sempre ragione.

SUCCESSFUL

  • Tracciare i progressi.
  • Apprendere dagli errori.
  • Passare tempo con le persone che fanno stare bene.
  • Mantenere un adeguato bilanciamento tra vita e lavoro.
  • Scrivere i propri obiettivi.
  • Complimentarsi con gli altri.
  • Avere una o più liste di cose da fare.
  • Avere ben chiara la propria mission.
  • Essere contenti che gli altri abbiano successo.
  • Accettare le responsabilità dei fallimenti.
  • Avere un desiderio bruciante.
  • Lavorare con passione e con responsabilità.
  • Imparare, migliorare, leggere ogni giorno.
  • Prendersi rischi.
  • Maneggiare bene i problemi.
  • Essere umili.
  • Scambiare informazioni.
  • Trasmettere gioia.
  • Perdonare gli altri.
  • Parlare delle belle idee.
  • Abbracciare il cambiamento.

Ebbene sì: lo ammetto, sono molto bravo, ma l’idea del post me l’ha data Laurence Hebberd, che è Community Manager di Link Humans in London. Scrive anche  su Twitter- @LinkHumans. Lo ringrazio.

HAI PAURA DEL COLLOQUIO DI LAVORO?

Da un suggerimento Alyse Kalish su @dailymuse

La notte prima del colloquio di lavoro è come la famosa notte prima degli esami: quali sono le cose che ci fanno più paura?

Il colloquio è una fase importante nella nostra ricerca di lavoro: è il momento in cui abbiamo le maggiori possibilità di farci conoscere e di conoscere l’azienda e la posizione che potremmo ricoprire. Non è facile conquistarsi un colloquio.

Per questo molti di noi sono preoccupati di usare la frase sbagliata, pensando che basti una sola espressione a rovinare tutto. Altri, invece, hanno paura di non riuscire a dire quella cosa che li descriverebbe nel modo giusto. Ancora, qualcun altro teme di dimenticare tutto non appena si siederà di fronte all’interlocutore.

Comunque: alzi la mano chi non ha paura del colloquio di lavoro!

Certamente è sbagliato affrontare un momento della propria ricerca o del proprio miglioramento professionale come se fosse un esame di scuola, ma, spesso, ci sentiamo così; tanto vale, accettare di aver fifa e prepararci di conseguenza.

Quali sono le paure delle persone che si presentano al colloquio? Come si possono affrontare? Come superarle?

The Muse, sito specializzato in tips and tricks per cercatori di lavoro, ha portato a termine un piccolo sondaggio – certo senza un vero valore statistico – che ci dà un’idea di quali possano essere le paure più grandi che avvertono le persone che si apprestano a fare un colloquio lavorativo. Magari ci sono anche le nostre? @dailymuse. Real talk: Le interviste di lavoro possono essere snervanti. Quali sono le vostre più grandi paure? 4:25 PM – 19 Oct 2016

36% Trovare rapidamente le risposte giuste.

5% Vestire in modo adeguato.

52% Non sapere cosa dire.

7% Dimenticare cose importanti.

Al sondaggio via Twitter hanno risposto in 157 persone. La maggior parte di queste, manifesta il timore di non sapere cosa dire: capita con le DOMANDE KILLER, quando, per esempio, l’intervistatore chiede: Mi parli un po’ di lei…

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AAAAARRRRGGGGHHHHHH

L’importante è farsi trovare pronti.

Prenditi il tempo di pensare quando senti una domanda killer. Lo sai cosa dire, probabilmente devi solo riordinare le idee; oppure hai paura di dire cose poco importanti o che ti mettono in cattiva luce.

Perciò se c’è una domanda alla quale non sai come rispondere, prenditi il tempo per pensarci. All’inizio i selezionatori non si aspettano le “risposte giuste”, vogliono solo capire come ti atteggi.

Infine, fai un respiro profondo e vai tranquillo. Il colloquio è solo un piccolo passo nella tua grande ricerca di un lavoro e non devi arrivarci impreparato.

Essere nervoso è normale. Qual è il miglior trucco per cavarsela al meglio? Essere sempre preparati, così non dovrai preoccuparti della risposta giusta

E qual è la risposta giusta? Partiamo prima dalle domande!

Ecco le 30 DOMANDE KILLER più comuni in una intervista di lavoro

  1. Mi dica qualcosa di sé.
  2. Che cosa sa della posizione?
  3. Che cosa sa di quest’azienda?
  4. Perché vuole questo lavoro?
  5. Perché dovremmo assumerla?
  6. Quali sono i suoi punti di forza professionali?
  7. Quali sono i suoi punti deboli?
  8. Qual è il suo obiettivo professionale più grande?
  9. Mi dica qual è stato la sua più grande sfida o il conflitto con il quale si è confrontato e come l’ha risolto.
  10. Dove si vede tra cinque anni?
  11. Qual è il suo sogno professionale?
  12. Sta facendo colloqui con altre aziende?
  13. Perché lascia il suo lavoro attuale?
  14. Perché è stato licenziato?
  15. Che cosa cerca in una nuova posizione?
  16. Che tipo di ambiente professionale preferisce?
  17. Qual è il suo stile di management?
  18. Quando ha esercitato la sua leadership?
  19. Come si è comportato quando non si è trovato d’accordo con una decisione presa dal suo capo?
  20. Come vorrebbe essere descritto dal suo superiore e dai suoi colleghi?
  21. Perché c’è un buco nella sua storia lavorativa?
  22. Mi spiega perché ha cambiato i suoi percorsi di carriera?
  23. Come affronta la pressione o le situazioni stressanti?
  24. Come vorrebbe che fossero i suoi primi 30, 60, 90 giorni nel nuovo ruolo?
  25. Quali sono i suoi interessi extra lavorativi?
  26. Se lei fosse un animale, quale vorrebbe essere?
  27. Quante palle da tennis potrebbero stare in una limousine?
  28. Ha pensato di avere figli?
  29. Pensa che quest’azienda potrebbe fare meglio o diversamente le cose che fa?
  30. Ha qualche domanda che vorrebbe fare?
Immagine tratta dal blog di Arduino Mancini tibimail

Immagine tratta dal blog di Arduino Mancini tibimail

Il vero consiglio è di prevedere le domande e prepararsi le risposte giuste; così da non rimanere troppo sorpresi e riuscire a cavarsela al meglio. Un colloquio è un momento importante della ricerca di un nuovo lavoro.

Colloqui? Nella tua ricerca ce ne saranno molti: un buon allenamento ci permetterà di vincere la gara.

MAMMA HO PERSO IL LAVORO! – EMBE’? 1 atto

Dramma in molti atti e con molti interpreti; molto liberamente tratto da

Paola Pesatori Ricomincia da te, ed. Vallardi.

 I SEGNALI CHE TI STANNO BUTTANDO FUORI

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Di solito comincia così.

Un (bel) giorno il capo ti chiama e ti dice: “C’è la crisi, dobbiamo ristrutturare, abbiamo troppi costi fissi”. Mi dispiace, ma devo proprio licenziarti. Devi capire che non ce l’ho con te, hai lavorato bene, mi dispiace molto, ma non avevo scelta, ho dovuto farlo”…

Gelo. E poi la temperatura che sale, fino a farti sudare. E poi gelo ancora. E infine esplodi.

No!!! Quest’azienda non può fare a meno di me! Della mia professionalità, del mio know-how, della mia esperienza. Se vado via io qua cosa succederà?

E soprattutto… cosa succederà a me?E subito:

  • Cominci a perdere la tua autostima, pensi di non valere molto. O niente.
  • Pensi alle rate della casa, della macchina, dell’università per tuo figlio: si chiama panico economico.
  • Ti vergogni; eh sì, oltretutto capita anche questo.
  • Ti deprimi, ti vien da pensare di aver sbagliato… tutto!
  • Ti fai prendere dalla confusione, e adesso cosa faccio?
  • Arrivano le solite domande: come faccio a ricominciare? Troverò un altro lavoro? Quando? E come faccio a dirlo in famiglia? E agli amici? E come passerò le mie giornate?

Sono momenti davvero difficili; perdere il lavoro, specialmente in questo periodo o quando non si è più garzoncelli scherzosi, è un’esperienza che si vorrebbe volentieri evitare. Se, poi, il licenziamento è individuale, le cose vanno ancora peggio.

E’ colpa mia? Ho sbagliato qualcosa? Non credo: o forse sì? Perché hanno scelto di liberarsi proprio di me? Non potevo capirlo prima? Almeno mi sarei dato da fare per tempo; sì, ma cosa avrei potuto fare davvero?

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PERDERE IL LAVORO è il nostro personale BIG BANG. Un evento esplosivo di distruzione e liberazione di energia enorme. Ma anche, alla fine, di costruzione di un (nuovo?) universo. Secondo Paola Pesatori  perdere il lavoro è un’esperienza molto dura, ma da questo, può nascere un nuovo mondo, e per te una nuova vita, magari più interessante di quella precedente.

Seeee, come no? vorresti dire, ma non hai altre scelte.

ECCO I PRIMI SEGNALI CHE STAI PERDENDO IL LAVORO

Gli astronomi che studiano il big bang dicono di non sapere cosa ci fosse prima del collasso; per te è più facile, anche se più doloroso, capire cosa stava succedendo prima che ti arrivasse la notizia.

MEGLIO ESSERE PRONTI: sicuro che il tuo licenziamento sia veramente inaspettato?

Mai notato episodi o comportamenti ambigui che avrebbero dovuto metterti in allarme? I colleghi stranamente sfuggenti, ti è sembrato che il boss ti avesse escluso da qualche incarico o decisione, qualcuno ha dimenticato di invitarti a qualche riunione?

RACCOGLIERE INFORMAZIONI: il quadro economico esterno e i conti aziendali, la lettura dei giornali, internet o intranet, le comunicazioni con i fornitori esterni; tutto questo avrebbe dovuto dirti qualcosa, non credi?

ATTENZIONE AI SEGNALI DEBOLI a differenza del Big Bang le crisi aziendali non accadono improvvisamente. Alcuni fatti vanno controllati con attenzione:

  • Assunzioni bloccate.
  • Stagisti e apprendisti che spariscono.
  • Dirigenti e “chi può” che se ne va.
  • Stipendi bloccati.
  • Passaggi di categoria e la formazione, svaniti.
  • Straordinari bloccati.
  • Ferie forzate, lunghi ponti obbligatori.
  • Chi esce o va in pensione non è sostituito.
  • I contratti a tempo non sono rinnovati.
  • Il clima interno che non è sereno.

LIVELLO PERSONALE

  • Il MIO aumento di stipendio, il MIO scatto di carriera, il MIO corso di formazione, eccetera, sono bloccati.
  • Il lavoro si riduce.
  • I colleghi ci evitano.
  • Il nostro capo rimanda gli incontri.
  • Il nostro nome sparisce da inviti o indirizzari.
  • I nostri progetti a medio termine sono bloccati.
  • Circolano voci di riorganizzazione ma la situazione non è chiara.
  • Non riusciamo più a parlare direttamente col capo.
  • L’azienda ci sembra diversa ma non ne capiamo il motivo.

SEGNALI FORTI: se non capisci questi… Sei già fuori!

  • Cassa integrazione.
  • Mobilità.

Fine della prima parte.

Vuoi sapere come va a finire? Aspetta e leggi la seconda parte; se, in più, ti va di iscriverti… Meglio!

 

Quanto costa un kg del tuo cervello?

Lo sapevi?

Tra pochi anni robot intelligenti sostituiranno i lavoratori alle prese con attività ripetitive, noiose, non creative come segreterie telefoniche, raccoglitori di ordini di clienti, distributori di medicinali in ospedali e nelle case di riposo.

Centralinisti, commessi, operatori sanitari, perfino giornalisti, sono pronti a sparire se non sapranno cambiare.

Già oggi, però, macchine stupide, come un proiettore di diapositive o un computer, valgono più delle persone.

In che senso?

Nel senso che le macchine stupide sono pagate di più.

Per un banale corso di formazione un consulente (bravo, bravissimo, scarso, infame fa lo stesso) può arrivare ad essere pagato ANCHE 25 o 30 Euro orarie (lorde).

Viceversa il proiettore di cui sopra e tutto il resto, si noleggiano per 40 €.
Ergo si dimostra che le macchine (stupide) valgono di più di una persona che fa il consulente (bravo, bravissimo, scarso, infame, fa lo stesso).

C.V.D.

Stralci di lettere vere. 

Qui informano che… Ti pagano di meno!

E questa è la proposta commerciale per i computer e proiettore

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Il budget di 35 Euri, ma per un sopralluogo qualcosa ti danno…

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E qui sotto ti ricordano che devi ANCHE preparare slide e test… Per quella cifra

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UP40! Abbiamo partiti! ;-))

Venerdì 23 settembre UP40! si è presentata alla città di Verona!

Risultato? Grande grande grande! Siamo felici dell’interesse suscitato. Il primo progetto è dedicato a lavoratori in Cassa Integrazione o in Mobilità che vogliono rientrare alla grande al lavoro! A nostra volta noi stiamo lavorando per ottenere un finanziamento dalla Regione Veneto.

Tra poche settimane partirà il primo percorso e così aiuteremo diversi lavoratori a RI trovare le motivazioni, a RI trovare la speranza, a RI trovare il MIGLIOR LAVORO POSSIBILE!

 

Un momento della presentazione.

Un momento della presentazione.

Il miglior lavoro possibile… Sarà possibile?

Ritrovare il lavoro perduto è un’attività “Fai da te”; così il risultato è incerto e lasciato alla libera iniziativa, alle conoscenze personali e al caso. Riprendi i contatti con vecchi colleghi, ricominci a spedire i tuoi vecchi CV, fai qualche ricerca su internet, sperando che, intanto, succeda qualcosa.

E se provassimo a superare l’isolamento che si prova quando si è  disoccupati o si continua a fare un lavoro che non ci piace, non ci motiva, non ci insegna qualcosa?

Con la nostra iniziativa UP40! Ci proviamo.

Lavoriamo in gruppo e così mettiamo insieme la ricerca del lavoro e la forza che deriva dal lavoro in team.

La scommessa è di passare dal “Fai da te” al “Facciamo insieme per vincere”. In sostanza ci aiutiamo a trovare il miglior lavoro possibile; quello a cui possiamo aspirare con le nostre capacità e con le nostre potenzialità.

Ma qual’è il modo per mettere le persone disoccupate nelle condizioni di trovare o ritrovare il miglior lavoro possibile?

Noi facciamo così:

  • Arricchiamo e aumentiamo l’occupabilità delle persone, attraverso la diagnosi e l’analisi delle capacità; prepariamo un piano di sviluppo su misura per le esigenze di ogni persona.
  • Facciamo diventare il concetto di squadra uno strumento concreto, così come la solidarietà di gruppo, la condivisione dell’obiettivo e l’impegno comune.
  • Rafforziamo e ripristiniamo l’autostima, attraverso un preciso programma di lavoro basato sul sostegno reciproco.
  • Sviluppiamo l’intelligenza emotiva delle persone attraverso la condivisione e la partecipazione.
  • Incrementiamo la rete che permette ai partecipanti di prendere contatto con i datori di lavoro al fine di conoscerne le esigenze e le opportunità di lavoro.

Lavoriamo per la crescita della consapevolezza delle capacità e il miglioramento dei valori personali di ognuno. Rimanete in contatto! A breve vi diremo cosa fare.

Six First Impression Spoilers to Avoid at a Job Interview | Campus Chat

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Colloquio di lavoro: 50 domande da fare al selezionatore | Cliclavoro Blog

Perchè devono essere sempre e solo i selezionatori a fare domande? Fare  domande come candidato non mi farà sembrare troppo arrogante? Come faccio a farmi notare senza bluffare? A queste e ad altre legittime domande risponde questo bel post. Vale la pena dare un’occhiata!

Colloquio di lavoro: 50 domande da fare al selezionatore | Cliclavoro Blog.